Sottotitoli




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Signor decoratore
Horror diretto da Teptsov Oleg
1988 - Lenfilm
Platon Andreevič, ricevuto l’incarico di allestire la vetrina di un negozio di gioielli, cerca una modella per creare un manichino e trova la giovane Anna, malata terminale di tubercolosi. Passano sei anni, è il 1914, la carriera di Platon Andreevič è in declino: l’artista è diventato un morfinomane e attraversa una crisi creativa. Un incarico inaspettato lo conduce nella casa del ricco Greiler, dove scopre con stupore che la moglie del committente, Maria, è in realtà la sua ex modella Anna.
Sottotitoli a cura di bowman
Redazione di Roberta Rapa
Traduzione di poesia «I passi del commendatore» di Prof.ssa Claudia Olivieri (la Cattedra di lingua e letteratura russa dell'Università degli Studi di Catania)
Contesto storico e sociale
“Signor decoratore” nasce come progetto di laurea di Oleg Teptsov, basato sulla raffinata sceneggiatura di Jurij Arabov, il quale, nel 1986, realizzò un cortometraggio che riscosse un tale successo da spingere Teptsov e Arabov a trasformarlo in un lungometraggio. Questo venne girato due anni dopo nello studio di Lenfilm, allora diretto da Vitalij Mel’nikov, che in quel periodo stava concludendo il film "Il primo incontro, l’ultimo incontro" (1987), anch’esso ambientato a San Pietroburgo e caratterizzato dallo stile Art Nouveau.
Il protagonista della storia è Platon Andreevič (Viktor Avilov), un formidabile decoratore, il cui nome non è affatto casuale, infatti, al filosofo greco Platone, che sosteneva l’esistenza di un mondo ideale, alieno e distinto dal mondo reale, dualismo che risulta essere tema centrale anche del simbolismo. Il decoratore è ossessionato dall’idea di creare un’opera perfetta, immune al tempo. Il culto di Dio e la sfida a Dio sono temi centrali della pellicola: l’artista rappresenta l’uomo del suo tempo, intento a plasmare una realtà migliorata, rifiutando un mondo imperfetto creato da Dio, ma, come Faust, paga per questo con la sua anima e la sua vita. Perché l'idea stessa di tale creazione è corrotta.
La componente mistica permea diversi aspetti del film, ambientato a Pietroburgo all'inizio del XX secolo, un periodo definito nell'ambito letterario come l'Età d'Argento. Nel film, uno dei poeti più importanti di quel periodo, Aleksandr Blok, appare sotto molteplici sfaccettature. Fin dall'inizio, vediamo una danza di mistici in abiti bianchi, accompagnata dalla rappresentazione teatrale della sua pièce «La baracchetta dei saltimbanchi» (Balagančik) del 1906, con i personaggi di Arlecchino, Colombina e Pierrot. I costumi per lo spettacolo sono realizzati dal protagonista, Platon Andrevič, un geniale artista decoratore. Poi vediamo sulla scrivania una fotografia che ritrae Platon Andrevič insieme a Blok, un riferimento alla famosa foto di Blok e Kornej Čukovskij, scattata nel 1921. Inoltre, la sua celebre poesia «I passi del commendatore», che suona all'inizio e alla fine del film, interpretata da Eduard Bagritskij, sottolinea l'inevitabilità della catastrofe imminente.
Nel film si ricrea magnificamente l’atmosfera decadente e stilizzata dell'epoca modernista, con i suoi interni elaborati e la tensione tra eleganza e minaccia imminente. Le riprese, la colonna sonora di Sergej Kurëkhin e le scenografie riflettono l’estetica nervosa e inquieta del fin de siècle. Il risultato è un film che fonde lirismo poetico e tensione drammatica, sottolineando l'inevitabilità del destino e il conflitto tra creazione artistica e moralità.
Curiosità e riconoscimenti
Il film è liberamente ispirato al racconto di Aleksandr Grin «L’automobile grigia» (1923) dalla raccolta «Sulla riva nebulosa» (1925).
La colonna sonora fu affidata a Sergej Kurëkhin, musicista sovietico e russo-avant-garde, jazzista, compositore, arrangiatore, attore, creatore e leader del gruppo "Pop-Mecanica". Kurëkhin si mise al lavoro il giorno dopo aver visto il montaggio, coinvolgendo nella registrazione i musicisti dei Kino (senza Viktor Tsoj), Vladimir Tsymbal (al trombone) e la soprano solista del teatro Mariinskij, che realizzarono tutto in una sola sessione. Si ritiene che questa musica sia la migliore che Sergej Kurëkhin abbia registrato per il cinema e probabilmente una delle migliori colonne sonore del cinema russo in generale.
È interessante notare che anche nei titoli di testa del film, dove lo spettatore vede il giradischi "L'amore che muore" del compositore francese Octave Crémeux, al posto della musica originale si sente un'interpretazione scritta da Kurëkhin, che tuttavia viene percepita come autentica.
Il film utilizza opere di artisti come Franz von Stuck (1863-1928), Edward Burne-Jones (1833-1898), Odilon Redon (1840-1916), Arnold Becklin (1827-1901), John Everett Milles (1829-1896), Jean Delville (1867-1953), Max Klinger (1857-1920) e altri.
Il film è stato girato a San Pietroburgo. Le scene finali, in cui Platon Andrevič incontra la sua tragica fine, sono state filmate sul ponte Bol'šoj Petrovskij, mentre il cimitero in cui cerca la tomba di Anna è il cimitero luterano Smolenskoe.
Nell'ambito cinematografico alcuni sostenevano che l'attore Viktor Avilov, che ha interpretato Platone Andreevič, possedesse abilità paranormali: di guarigione e ipnotismo. Il suo ultimo ruolo nello spettacolo "Il Maestro e Margherita" fu fatale per lui. Storicamente, quest'opera di Bulgakov ha una brutta reputazione nel mondo del teatro e del cinema.
Le origini della filosofia e della poetica del "Signor decoratore", i riferimenti alla scuola letteraria di Praga sono assolutamente evidenti. Il regista riproduce in parte l'atmosfera di «Golem» e «Angelo dalla finestra occidentale» di Gustav Meyrink. Il tema delle bambole animate ha numerosi esempi nell'arte, tra cui «L'uomo della sabbia» di E. Hoffmann, le cui opere erano popolari tra i simbolisti, e «Balağančik» di Blok, dove la sposa di Pierrot si rivela essere una bambola di cartone. Il tema dei manichini che prendono vita è anche legato ai miti del'Omunculo e del Golem. Nel cinema, si trova anche la "macchina-umano" diabolica, come nel film muto di Fritz Lang "Metropolis" (1927), a cui si ispira fortemente la stilistica di "Signor Decoratore".
Lo stile del film richiama quello dei classici horror italiani di Mario Bava e Dario Argento, con la stessa combinazione di colori, forme misteriose e atmosfere teatrali.
Film molto bello che andrebbe rivisto in tutti i cinema. Capolavoro insuperabile.