Sottotitoli
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Città Zero
commedia fantasmagorica diretta da Šakhnazarov Karen
1988 - Mosfilm
In un’uggiosa giornata carica di pioggia e umidità, l’ingegnere Aleksej Varakin giunge da Mosca in una sperduta cittadina di provincia per lavoro. Nelle ore successive al suo arrivo, il nostro eroe si scontrerà con una realtà tutt’altro che familiare, dove anche le più piccole incongruità del vivere quotidiano deflagrano restituendo al protagonista paesaggi umani dalle tinte fosche e grottesche. Tra segretarie spoglie, suicidi improbabili, musei di vestigia stravaganti e rock’n’roll, il ritorno di Varakin al centro del mondo non sarà semplice.
Sottotitoli a cura di Matteo Dargenio
Contesto storico e sociale
Gorod Zero, settimo lungometraggio del regista Karen Šakhnazarov, è uno dei film più rappresentativi della perestrojka gorbačёviana, cogliendone le sfumature più cupe. La grigia cittadina mostrataci dal regista è un condensato di umori misti, melanconici, a tratti paranoici, precursori di una caduta ormai imminente e negata da molti. Persino lo sdoganamento della musica rock, ennesima vittoria della democrazia, non sembra ridare speranza e sollievo a una comunità ormai rassegnata e arresa, impantanata tra un passato glorioso quanto posticcio, un presente indecifrabile e un futuro di colpo non così certo, alla vigilia di cambiamenti epocali di fronte ai quali si era del tutto impreparati.
Una delle sequenze più significative del film è la visita di Varakin al museo cittadino, dislocato sotto ventotto metri di terra. Nelle stanze del museo, buie e sciatte, riposa la memoria di un passato improbabile. Accompagnato dalla guida, il protagonista si ritrova davanti a sarcofagi di re troiani, armature romane, al letto di Attila e alla testa mozzata di Dmitrij il Falso. A Varakin, piuttosto interdetto, sono presentati personalità locali fantasiosamente legate ai grandi eventi e personaggi della storia. Così un fantomatico compagno Burtsev, direttore dell’hotel “Firenze” a Mosca, si rivela essere stato amico e sodale dell’anarchico ucraino Batka Machno, a sua volta anacronisticamente legato a esponenti di formazioni politiche di segno opposto.
Pur di evitare una doverosa riflessione storiografica, si ha l’impressione che il misterioso espositore abbia preferito coagulare arbitrariamente frammenti di un passato a volte perturbante in una nuova narrazione fantastorica, corale, dove si ricercano ascendenze improbabili e si negano i conflitti del passato, in nome di un’edificante riconciliazione. All’ingresso dell’esposizione campeggia un manifesto dal sapore orwelliano; c’è scritto: “Dalla verità storica nasce la nostra forza”.
Curiosità e riconoscimenti
Il film ha vinto la Rosa Camuna di bronzo al Bergamo Film Meeting nel 1990.
Inizialmente il film era concepito come una commedia di assurdità, tuttavia, in seguito il regista stesso ammise che il film ha superato la concezione originale. Secondo Šakhnazarov, questa pellicola è di: "...come il nostro passato è inconoscibile, poiché è costantemente mistificato".
Secondo lo scienziato politico Sergej Kara-Murza, il film anticipa con precisione il processo di distruzione del «nucleo culturale» della società sovietica con il successivo crollo dell'URSS.
Le riprese della natura si sono svolte a Mosca e nella città di Kolomna (regione di Mosca), tutti gli altri episodi sono stati girati a Grjazovets (regione di Vologda).
Il procuratore è stato interpretato da un altro illustre regista sovietico Vladimir Menšov "Mosca non crede alle lacrime" (1980).
Film molto bello e coinvolgente nel suo surrealismo misterioso con il protagonista che solo alla fine riesce a fuggire dalla strana città e dall'assurda vicenda che lo tengono prigioniero.
Un viaggio onirico pervaso da inquietudine e frustrazione nel non venire compresi nello sforzo di raggiungere un desiderio sempre più lontano. Uno sforzo non condiviso, un sentimento di solitudine e annientamento, fino ad abbandonarsi totalmente alla fatalità, su una barchetta che porta verso l'ignoto. Un viaggio interiore dell'uomo nella sua storia e nella storia di una società che cambia, rappresentato in maniera sublime. Bellissimo film.
Assolutamente geniale.
TUTTO E’ VIVO
In un luogo rarefatto che non accoglie ma trattiene, nel punto zero fra suolo e sottosuolo, anche le torte guardano. Il cuoco è morto e la cuoca non sta reggendo lo stato. Qui nell’arco temporale tracciato da un innocente profezia, si muove uno straniero, estraneo e “assente”. Riluttante alla sottrazione del suo tempo, a Mosca lo aspettano gli affari, scende giù e paga il dovuto. Non un sacchetto di monete, trenta copechi appena, poca cosa per una conoscenza, probabilmente utile e necessaria. L’antico studio delle origini dei popoli si illumina; lo accende passo dopo passo una guida con basco “militare” che omette, sorvola, incalza, induce e confonde lo straniero. Reperti, oggetti e figure, pionieri alcuni “delle conquiste culturali in zone remote” compongono le torri; a strati girevoli come torte nunziali. Icone o testimonial dell’anima gigante che azzera e attrae l’idea del suo corpo maestoso. Miti, riti, celebrazioni sono parte di un pensiero condiviso. Il momento però è critico, mancano i bicchieri e le posate, solo il canto parifica la partecipazione alla festa. E allora chiese il Procuratore, Gesù o Barabba, annientarsi per farne ancora parte? O fuggire perché mi sento estraneo?
“Tu morirai qui, ti faremo una lapide e porteremo dei fiori”
Fantastico! Grande recupero di un film stupendo. Un Bunuel russo, con le differenze che avete ottimamente messo in rilievo nel post. Grazie davvero!!!